Chi ha fatto la locandina di Mal di Libri?

locandina

 

Il bel manifesto che ha invaso il Pigneto è opera di Francesca Mariani. Per contattarla: akro@devartstudio.com

Domenica 9 dicembre bar Necci dal 1924 ore 11 Fortebraccio insieme a Zero91 edizioni presenta “Morning Blues”

Domenica 9 dicembre bar Necci dal 1924 ore 11 Fortebraccio insieme a Zero91 edizioni presenta “Morning Blues”: Dalla raccolta “Biglietto prego”, 11 racconti di straordinario pendolarismo per voce e musica.

Con Francesca Bellino, Massimiliano e Pierpaolo Di Mino, Lorenza Fruci, Fabrizio Gabrielli, Simone Ghelli, Alessandro Hellman, Gianluca Liguori, Luca Piccolino, Alex Pietrogiacomi Marilena Renda, Matteo Trevisani.
Musiche di Matteo Anastasio.

Una colazione speciale, un blues domenicale e mattutino per esorcizzare il lunedì mattina che incombe: 11 storie di gente sui tram, sui treni, sugli autobus, 12 identità che si mescolano a noi ogni giorno, da Milano a Roma, da Palermo a Venezia. 11 modi per fare diventare quel tragico momento dell’uscita da casa un esperimento di mitologia quotidiana. Nelle voci di 12 giovani scrittori e di un chitarrista in prestito ai libri. L’evento off mattutino di Più Libri Più Liberi, la festa dell’editoria indipendente a Roma.

QUAND’È STATA L’ULTIMA VOLTA CHE AVETE SCRITTO UNA LETTERA IN CARTA E INCHIOSTRO? AFFIDATELA A L’ORMA EDITORE, E DIVENTERÀ UN TANGO.

“LETTERE A NESSUNO”, LA MILONGA LETTERARIA DEDICATA ALLA SPLENDIDA MANIA DI SCRIVERE LETTERE.

A ROMA, DA ROSTI (VIA BARTOLOMEO D’ALVIANO 65, PIGNETO), DOMENICA 9 DICEMBRE ORE 22.

In occasione della fiera della piccola e media editoria “Più libri Più Liberi” (Roma, Palazzo dei Congressi dell’Eur, 6-9 dicembre) e del lancio della nuova collana “I Pacchetti”, i libri-cartolina de L’orma, un affascinante incontro tra scrittura e danza, tra storia e tango. Una milonga per parlare, appunto, di lettere. Quelle in carta e inchiostro. Nei tempi in cui aprendo le cassette della posta si trovano solo bollette… Una serata dedicata alle lettere mai spedite (e che avremmo voluto spedire) e a quelle, famose, arrivate a destinazione e diventate letteratura. Le prime verranno raccolte durante la fiera dal 6 al 9 dicembre allo stand de L’orma (stand Q 26), scritte lì per lì o portate apposta in tasca dai nostri visitatori. Le seconde le troverete ne “I Pacchetti”, i libri-cartolina che racchiudono, nelle loro prime 4 uscite, le missive di Leopardi, Gramsci, Nietzsche, Baudelaire, in vendita dal 29 novembre in tutte le librerie.
Le prime possono essere proprio le vostre. Chi non ha mai scritto una lettera, per poi decidere di non imbucarla mai? Chi non ha pensato almeno una volta: “Ora scrivo una lettera”, e poi per mancanza di tempo, voglia, coraggio, non l’ha mai spedita? L’orma vi invita a farlo ora, per creare insieme una serata di storie collettive. Ogni lettera, infatti, verrà letta la sera di domenica 9 dicembre alle 22.00 da Rosti, uno dei ristoranti più belli e accoglienti del Pigneto, accompagnata dalla musica di Federico Ferrandina alla chitarra, di Javier Salnisky al bandoneon, e dai passi di Roberto Ricciuti e Flaminia Candelori, insieme a chiunque vorrà danzare con noi. E le tre lettere più belle verranno premiate da L’orma.
E se non siete a Roma nei giorni della fiera, potete inviarci lo stesso la vostra lettera, spedendola a L’orma editore, Via Annia 58, 00184 Roma.

L’ORMA EDITORE PRESENTA I PACCHETTI, I PRIMI LIBRI DA AFFRANCARE E SPEDIRE COME UNA LETTERA. DAL 29 NOVEMBRE IN LIBRERIA.

I Pacchetti: i classici de L’orma in forma di lettera nati per essere affrancati e spediti.

Chi si ricorda quando è stata l’ultima volta che ha spedito una lettera a qualcuno? Dal 29 novembre arrivano in libreria I Pacchetti, i primi libri da chiudere, affrancare e spedire. In forma di libretti da imbucare in una qualsiasi cassetta postale (infrangendo il tabù di scrivere sui libri, ma niente paura, è solo la sovraccoperta…) I Pacchetti racchiudono le più originali, sconosciute, umane e quotidiane lettere dei massimi pensatori, artisti e uomini politici di tutti i tempi.
I Pacchetti riscoprono il gusto del dono implicito in ogni lettera di carta e a rischio estinzione in questi anni digitali.
Libretti leggeri nella forma (circa 70 pagine) e nel prezzo (5 euro), ma raffinati nell’estetica (il progetto grafico è stato curato da Maurizio Ceccato) e nel contenuto, corredati al loro interno da un apparato di immagini in perfetta assonanza con il loro spirito. Un modo per scoprire un Baudelaire aristocraticamente e cronicamente in bolletta, un Nietzsche innamorato che si lascia andare a imprevedibili slanci di tenerezza, un Leopardi ostinatamente attaccato alla vita e alla ricerca della
felicità, un Gramsci intento a trasmettere l’amore per lo studio e per la lettura a figli e nipoti.
Nello spirito de L’orma di instaurare un rapporto umano e tangibile con la letteratura, un’idea piccola nel formato e preziosa nel contenuto, di cui potrete meglio osservare la struttura nelle schede qui in allegato.
In un’epoca di bollette e default, è bello trovare un libro nella cassetta della posta.

E se sarete a Roma per “Più Libri Più Liberi” dal 6 al 9 dicembre, passando dallo stand de L’orma
anche voi potrete spedire la lettera che da tanto tempo è ferma nella mente o nel cassetto. Che sarà letta
in una serata speciale dedicata ai destinatari sconosciuti, domenica 9 dicembre.
I Pacchetti: un dono di pensiero, un pensiero affrancato. Per ulteriori informazioni, richieste e delucidazioni non esitate a contattarci.

Chiara Di Domenico, ufficio stampa L’orma editore, Via Annia 58, 00176 Roma.
Telefono: 06 87777326 – 338 9350282. uffciostampa@lormaeditore.it

Mal di libri attraverso le foto di Stefano Panetta

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Le foto sono state realizzate da Stefano Panetta che ringraziamo!

Per maggiori info visitate la sua pagina Flickr

Le foto riguardano l’incontro “Il Male, Frigidaire e Roma dalle origini ai giorni nostri”, con Vincenzo Sparagna, Dario Morelli, Gianluca Liguori, Tommaso de Lorenzis e “Dal libro-feticcio al blog letterario: come si mettono in rete le storie”, con CollaConaltrimezziFlanerìPubSetteperUno e Viadeiserpenti, Tropico del Libro moderati da Caterina Di Paolo.

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Complimenti, hai avuto una grande idea, no, è un’idea tua, no, è un’idea tua, no, è un’idea tua, no.

Emiliano mi dice vieni a Roma e facciamo questa cosa, una performance, ti metti lì, fai così, prendiamo questo, mettiamo quello. Io non ci credevo e invece poi l’abbiamo fatto.
Cubetti di Felicità.

Raro parlare di felicità, era da un po’ – vero? – che non se ne parlava.

Scusate, ve la racconto meglio:
Cubetti: performance di felicità
Ovvero:

si parlava di lucida follia dello scrivere e abbiamo cercato di avvicinarci il più possibile a questa cosa.
Ti metti lì, all’inizio dell’isola pedonale, da Eraldo, che è un bar che si chiama Il Bar, e cominci a fermare la gente a casaccio e a chiedere di scrivere in un piccolo foglietto un loro ricordo felice. Poi facciamo mettere il foglietto dentro a un cubetto e poi mettiamo il cubetto dentro un cubo più grande e il giorno dopo regaliamo i cubetti a casaccio, di nuovo, alla gente che passa. Quindi vediamo cosa succede.

Allora ci siamo messi lì: Ciao, fai un regalo a Mal di Libri, regalaci un tuo ricordo felice. E la gente ti chiede cosa? Felicità de che? E allora tu rispondi della tua vita, un ricordo felice della tua vita, senza Brigitte Bardot o Mike Bongiorno, un ricordo della tua vita, un gelato, un caffè buonissimo, una finestra aperta (d’estate) o una finestra chiusa (d’inverno), un ricordo felice insomma.

C’è quello che è contento dell’iniziativa e ti fa i complimenti ma ha paura che poi alla fine ci sia da firmare, quell’altro che proprio ti dice che non ha spiccioli, quell’altro che ti racconta in un paio di giri di vita i suoi ultimi trent’anni compreso un cartoncino di tavernello che ha lì nel sacchetto.

Insomma,
tendenzialmente la gente scappa. La felicità fa paura, ci è venuto da pensare, dovremmo chiedere commenti sull’attuale governo, allora sì.

Invece no, invece qualcuno ritorna, qualcuno si fa venire in mente un ricordo felice che non si ricordava più, qualcuno aveva il ricordo già lì, sulla punta della lingua e lo mette sulla penna e sul foglietto e nel cubetto e nel grande cubo subito, ché già sapeva, era proprio una cosa che gli veniva da fare

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Malinconia di libri

Ieri sera da Chiccen un’accolita di appassionati, me compresa, pendeva dalle labbra del saggio Vincenzo Sparagna. Tra le tante cose belle, a un tratto ha detto che è stupido dividere vecchi e giovani, perché il tempo è molto più ristretto di quanto crediamo: “il passato è un’ora fa e il futuro è fra un’ora.”
Istintivamente ho pensato: “e tra un’ora devo andare a vedere Christian Raimo e Marcello e il mio amico Tommaso allo spazio S.I.P.”. La cosa mi ha fatto sorridere, e mi ha dato la misura di quanto i due giorni di Mal di Libri siano un sovvertimento alla vita di tutti i giorni, una piccola ma grande rivoluzione.

La folla che ascolta Celestini

Se l’anno scorso abbiamo sfidato il tempo, quest’anno abbiamo sfidato lo spazio decidendo di invadere con i libri un quartiere intero. L’esperimento è riuscito: ho visto facce interessate e ne ho viste tante, e ho imparato molte cose: dal suono della kora africana alle scritture dei ragazzi, passando per le facce dei blogger o dei giornalisti di Pubblico, fino al reading di Sforbiciate che mi ha appassionata nonostante i possenti postumi al punto di farmi chiedere l’autografo all’autore (parentesi/1: con Sparagna invece mi sono fatta vincere dalla timidezza anche se mi ero portata in giro la mia enciclopedia su Frigidaire peggiorando la mia gobba.)
(parentesi/2: non dite che non vi piace il calcio e fidatevi di una buzzatianaSforbiciate non è solo calcio. Anche se pure il calcio da solo non è male. A proposito: forza Roma.)

Molte cose non riesco a dirle, perché è vero che Mal di Libri mi prende alla gola e al cuore. Una cosa certa è che la nostra festa è servita a collegare le persone, farle conoscere e chiedere a tutti quali storie hanno in testa: i ragazzi di Pub hanno fatto un sacco di interviste bellissime, e in una c’è anche Chiara che è stata l’eminenza grigia dietro a tutto, e scherzando dice che i libri consolano anche quando sono crudeli, e io penso sia una cosa vera.

Tutta questa tirata un po’ emotiva per ringraziare tutti quelli che ci sono stati: gli ospiti, i partner, le persone dietro le quinte e quelle davanti e attorno; e anche tutti quelli lontani che ci hanno contattato per dirci che avrebbero voluto esserci. Nel prossimo futuro riempiremo questo blog delle foto e dei video fatti in questi due giorni: chiunque ne avesse può inviarli a maldilibri[at]gmail.com.

Mal di Libri è stata una bellissima festa quest’anno, e tornerà presto, con chissà quale forma e quali nuove storie: la prima ad essere curiosa sono io.

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Di seguito le versioni integrali dei sei racconti che sono arrivati in finale per il I° Premio Sperduti, a partire da quello del vincitore, Giovanni Scarfini (esecrabilmente astemio, ma Sperduti l’ha scoperto troppo tardi) e poi in ordine di classifica fino al sesto.

IL DISPETTO, di Giovanni Scarfini

Giessica era una ragazza ossessionata dal suo amico immaginario, Michael: egli le faceva stalking e pure i dispetti: per dirne una, veniva a prenderla a scuola tutte le domeniche, per farle rabbia. Ma questa era solo la punta dell’iceberg: consegnava i giornali del mattino in ritardo, barava a briscola, si attivava di nascosto le vite infinite a streetfighter sul supernintendo, le sostituiva le pillole per l’eutanasia con le smarties e prendeva la scatola del lucido e la riempiva di confetti (come era solito fare Gary Coleman negli anni ottanta nella sigla di Arnold). Inoltre la chiamava nel cuore della notte per “sentire se stava bene” e questo a Giessica la mandava proprio in bestia, perché era chiaro che era solo una scusa per fare l’ennesimo dispetto. Un giorno però Giessica fu più birba di lui!

Cominciò a farsi sentire al telefono mentre parlava con le amiche di organizzare una grossa festa, alla quale avrebbe bevuto birra dalla cannella del lavandino (cosa che i più ritenevano impossibile) e Michael si incuriosì immediatamente, appizzando le orecchie: “berrò birra al doppio malto dal bagno e coca cola dalla canna per innaffiare!” Appena le telefonate terminavano, Michael le chiedeva insistentemente come avrebbe fatto, ma Giessica non rispondeva dicendo che i maghi non svelano mai i loro trucchi. Questo mandava Michael su tutte le furie, che si sentiva messo da parte, nonostante abitasse nel cervello di Giessica. Decise allora di rovinarle la festa: cercando per casa, trovò un fusto di birra nascosto nello sgabuzzino (dietro l’aspirapolvere) e subito pensò che fosse parte del misterioso piano ideato da Giessica per bere birra dal rubinetto. Ma come, come avrebbe fatto a collegarlo al sistema idrico casalingo?! Ormai non importava più perché Michael, manco a dirlo, aveva già deciso di fare un dispetto: bere tutta la birra e sostituirla con la sua tiepida urina che ne sarebbe derivata. Che faccia avrebbero fatto gli amici di Giessica quando dal rubinetto sarebbe sgorgata l’odorosa sostanza? Una volta scolato l’intero barilotto, Michael iniziò a urinare nello stesso quando dietro le sue spalle sentì un click tipico dell’iphone quando fa le foto: Giessica lo aveva fotografato col “coso” infilato in un barile di birra, e tramite l’opzione “condividi” inviò istantaneamente a tutti i suoi contatti la foto incriminata, avendo anche il tempo per intitolarla sesso feticista con l’alluminio. Questo rovinò per sempre la reputazione di Michael, che fu costretto a emigrare a Tampa Bay (che ospitando la fiera internazionale del fetish non lo giudicava affatto per ciò che si diceva di lui su internet). Ancora oggi il suo status di twitter è impostato su “non ero io quello della foto”. Giessica non rivide più Michael se non sul profilo di Linkedin, tramite ripetute richieste di iscrizione al servizio. Ad ogni modo la festa si fece, Michael non fu invitato e Giessica bevve effettivamente birra dal rubinetto e coca cola dalla canna per innaffiare.

Come fece a farlo, rimane un mistero ancora oggi.

IO NON VEDO LA MADONNA OVVERO LA TEORIA DEL SOFFITTO, di Emiliano Angelelli

C’è chi vede la Madonna.

Io no.

E credo che non sia possibile.

Vedere la Madonna, intendo.

Ecco. È successo di nuovo.

Ero concentratissimo a parlare dei concerti della prossima settimana… e pam! La riunione è in stallo.

Sono inchiodato alla ragnatela nell’angolo del soffitto.

I miei soci proseguono in attesa che succeda qualcosa.

“Fighi i Bigfoot. Gran gruppo.”

Siamo passati dalla programmazione dei concerti al menù del bistrot.

Ho una leggera latenza.

È successo di nuovo.

Dove ero rimasto?

Ah, la latenza.

Rimango indietro.

È perché io sono ossessionato.

Poi cerco di stare al passo con il resto del mondo.

Ma lui è sempre avanti.

E io dietro.

Non è colpa mia. È colpa di quello che vedo sul soffitto.

Mi capita con una certa frequenza.

Quotidiana.

Ogni 15-20 minuti.

Le cose mi appaiono semplificate in forma di immagini nitidissime sul soffitto.

Le vedo perfettamente. E durano a lungo.

Le chiamo le cose. Ma non sono cose.

E anche il plurale è sbagliato.

È.

Non sono.

“I Bigfoot mi hanno chiesto una data per il 26 novembre.”

C’è uno di questi ragazzi nuovi dello staff.

Mi guarda abbacinato.

Sono io quello abbacinato.

Perdio.

“Il 26 novembre.”

Abbacinato.

Perdio.

“Comunque pensavo…”

L’apparizione è considerevole. Lascio la frase a metà. Torno fra un po’.

Il ragazzo è ancora abbacinato.

“Perdio. Perché sei abbacinato in questo modo?”

“Mi è apparsa la tua immagine sul soffitto.”

“Anche a te?”

“Ti è apparsa la mia immagine sul soffitto?”

“No, mi è apparsa la mia immagine sul soffitto. È la prima volta che ti vedo. Per apparirti qualcuno deve essere almeno la seconda volta che lo vedi. Questa è la mia teoria.”

“E da quando ti succede?”

“La teoria?”

“No, di apparirti.”

“Dalla seconda volta che mi sono visto.”

“E a te? Ti sono già apparso altre volte?”

“No, è la seconda volta che ti vedo. E la prima che mi appari sul soffitto.”

“Bene… Comunque i Bigfoot sono un gran gruppo.”

“Sì?”

“Sì.”

 

L’AMORE È ETERNO FINCHÉ CI SONO LE PROTEINE, di Giulietta Ambrosi

Io, questa cosa dovevo scrivere un racconto divertente, non li so scrivere i racconti divertenti che mi vengono solo racconti tristi di gente che piange e dice cose che fanno piangere, ecco, sarà che io non li so scrivere i racconti che fanno ridere e però uno lo volevo scrivere lo stesso, sarà questo che ero sotto pressione ho incominciato a fare pensieri strani, che non erano proprio pensieri, erano più immagini che mi  baluginavano nella mente. Mentre facevo i sogni, venivano, queste immagini. Al Bano e Romina erano tornati insieme e volevano me. Giulietta, Giulietta, svegliati!, mi dicevano. Ditemi!, gli dicevo io. Hai visto che ci siamo riconciliati? L’abbiamo fatto per te, sappiamo quanto hai sofferto per la nostra separazione e abbiamo deciso di fare trionfare l’Amore!, così mi ripetevano tutte le notti. Ah, allora molte grazie, gli dicevo io ogni volta. Ora, c’è da dire, questa cosa che prima quei due se ne stavano insieme per mano a cantare a tutti Senti nell’aria c’è già la nostra canzone d’amore che va, io sarà che ero poi piccola, a guardarli ci avevo creduto a quella rappresentazione dell’Amore, e mi sembrava una cosa che a pensarci che poteva finire, quella rappresentazione là, non ci pensi mai. Un’altra cosa magari sì, ma quella no. Che poi dopo quando s’erano lasciati, questa notizia m’aveva defraudato – che non lo so se dice proprio così “defraudare”, non sono sicura, ma suona appropriato – dicevo, m’aveva defraudato dell’idea stessa  della Salvezza. Prendere bene, non tanto l’avevo presa bene. Che da allora avevo avuto difficoltà anche a relazionarmi coi maschi. A un certo punto finiva che li lasciavo. Che hai, non stai più bene con me?, mi dicevano quelli man mano che li lasciavo; No, rispondevo io, è che mi sono mancati i punti di riferimento, lo dice anche il mio analista. Mi sono venuti meno i modelli lietofinistici e adesso è difficile per me credere in un rapporto.                                                                                                                                                                                                     Di notte, ma pure di giorno, Al e Romi non solo ci tenevano a riappacificarmi con l’idea di PerSempre sentimentale, ma erano pure diventati il mio pungolo morale quotidiano: Giulietta, Giulietta!, intonavano all’unisono. Ditemi che c’è?, rispondevo io. Ti sei ricordata di lavare i denti e passare il filo interdentale? Eh, aspettate che ora ci vado. Giulietta, Giulietta! Dite, parlate ché vi ascolto!, dicevo io. Hai detto le preghiere prima di andare a letto? Giulietta, Giulietta!, dicevano loro, anzi no, era Romina e basta che lo diceva quella volta. Sì, dimmi pure!, dicevo io. Hai evitato di mangiare pane e pasta quest’oggi?, mi diceva lei. Vale lo stesso se ho spruzzato un po’ di panna spray sulla bresaola nel tardo pomeriggio. Guarda che se non stai attenta diventi anche tu grassa come un tordo e poi ti lasciano per la prima Lecciso che passa. Ma Romina, come fanno a lasciarmi se sono singola? Che poi lo sappiamo anche di chi è la colpa. Mi avete minato le basi sentimentali, mi avete. Ma cosa dici, se ci siam pure riuniti per darti stabilità. Eh sì, col senno di poi, dopo son buoni tutti. Dovevate pensarci prima, dovevate!                                                                                                      Albano e Romina erano in ogni dove ormai, e come ho già detto, non solo nei sogni. Li vedevo cantare Nostalgia canaglia dietro una siepe, litigare su a chi toccava la parte col panino e il bicchiere di vino in Felicità – Romina insisteva perché fosse Albano ad assumersi l’onere, ci dovevo pensare lui al riscatto dei carboidrati in tempi che non si portavano più; li vedevo materializzarsi più affiatati che mai nel salotto di casa mia e utilizzare il tappeto persiano di mia nonna come giaciglio per le loro effusioni amorose. La nostra era diventata una convivenza forzata, venivano con me in palestra, a lezione di dizione, dal parrucchiere. È stato mentre facevo lo stepper per ridurre la mollezza dei glutei che a un tratto mi è comparso Al Bano col panama in testa e il peso da dieci kg nella mano destra. Giulietta, Giulietta!, diceva mentre piegava l’avambraccio a novanta gradi con il manubrio nella mano. Dimmi tutto, Al!, ho detto io. Senti, ci ho pensato bene, è giusto così, che devi sapere la verità. Che verità Al, cosa mi nascondete, per Diana? Sono tornato con Romina solo per evitare di pagarle gli alimenti. Per mantenere lei e quelle due smorfiose delle sue figlie sono costretto a fare il doppio dei concerti, andarmene in  giro con l’afa per sagre di paese, inaugurazioni di centri commerciali, battesimi. Sai com’è, la vita da nomade, lo stress, i pranzi offerti dalla proloco stava diventando tutto deleterio anche per il  mio metabolismo. Solo di dietologo quest’anno ho speso una cifra folle. E quindi niente più Felicità, niente più panino? No, niente più panino, solo proteine.

L’INGEGNO DEL PRINCIPIANTE, di Elisabetta Rossi

«Ore’ ce s’è rotto lo tetto della stalla!»

Era ’no giorno de vento terribile quando mi nonna entrò dentro casa e me disse ’ste parole precise. ’No giorno che me fece gonfia’ lo petto de orgoglio e de convinzione. Me sentivo come Supermanne e c’avevo sulle spalle puro ’na mantellina de mi madre pe’ tenemme caldo, era rossa e me fece senti’ ancora più eroino. Era lo destino che me veniva a trova’ e me sorrideva, lo momento giustissimo per mette in pratica tutto quello che m’ero appurato a guarda’ Barbara mia a Painti iur life. ’Sta femmina a Mecgiver gli fa un baffo. Lui po fa scoppia’ un aero con un accendino, lei te costruisce ’na casa con l’immondizia! È troppo unicissima. In camera ciò puro il suo poster perché così quando me alzo alla mattina al canto de Giovannetto, lo galletto de famiglia che sona la canzona con lo gargarozzo potente, me carico tutto a vedella su quella foto. So’ tarmente infervorato da Barbarella che m’ero cucito, per l’occasione de aggiustamento tetto,  la tuta come la sua e m’ero raffazzolato li capelli precisi precisi ai suoi. Mi’ padre non capisce ’sta passione e quando me vide me fece:

«Ah Ore’ me pari uscito da ’no filmo de Dario Oro!»

E io gli risposi:

«Ah pa’ Dario Argenta semmai e comunque lassame perde’ che ciò da fa’!»

E ce n’avevo proprio tanto perché le tegole de ’sta stalla se n’erano tutte ite per terra, una a una, in mezzo a ’no pozzangherone così grosso che nonnetta l’aveva scambiato per ’no laghetto naturale e tutta felicitante se ne andava a corre da ’na parte all’altra del giardino a grida’:

«Oddio, Iddio ha ascoltato la preghiera e mo nun ce sta più il problema de lo pozzo prosciugato, c’avemo ’no lago intero e tutto pi’ noi!»

Io c’ho provato a diglie che era ’na pozza ma nun c’è stato verso, quella già stava a telefona’ ad Annettina la vicina e aveva puro dato il nome a ’sta pozzanghera: lo lago miracolato.

Ma tornamo a cose più fondamentaliate. Lo tetto da rimette in sesto.

Barbarella ripete che a ’sti tempi de crisi e per salva’ l’ambiente tocca reciclatizzare e io reciclatizzo. De tutto. Così invece de spreca’ i sordi decisi, dopo n’attenta esaminazione, de usa’ la robba che c’avevo da parte per rifa’ la copertura della stalla. Ce lo sapevo io che prima o poi me sarebbe servita. Altro che, altro. Oreste è n’omo a favore della terra.

Quindi che ho fatto? Andai al garagge e presi ’ste cosette: scarpe vecchie, flaconi de detersivo voti, ’no materazzo infracichito, li piatti zozzi de plastica e le cucchiare sempre de’ plastica che ’ste robbe mica se deteriorizzano se le vai a butta’ e quindi è bono riusalle. Poi, pigliai ’no bidone liberato e ce misi dentro, tagliati a pezzini piccoli piccoli, ’sti materiali. Feci, come se dice, ’no minestrone, ce unii ’no poco de colla calla e quando s’era formato ’no pappone tirai fori ’na spatoletta. Me arrampicai sulla scala e daie de destra e daie de sinistra riparai tutto lo buco. Cioè non potete capi’ quanto me sentivo gasato. Era ’no capolavoro. Scrissi puro ’na letterella a Barbarella dove la ringraziavo per tutti gli imparamenti che m’aveva dato alla sua trasmissione, quasi me commuovevo. Lei non è ’na donna, è ’na maestra de vita.

Insomma era annato tutto per il meglio. Però, ’no giorno infelicissimo, ’sto tetto non se riempì de zozzura? Se sa con l’autunno l’alberi buttano via le foglie e ’ste foglie maledette  s’erano andate ad appicicca’ sul punto che avevo raggiustato.

Se dovevano toglie in qualche modo. Si no se formava ’no stratone de quella robba.

Papetto allora salì con ’no rastrello e lemme lemme se mise a ravagna’ sul tetto. Io stavo de sotto a controlla’. A un certo punto me fece:

«Ore’, so’ proprio inorgoglito de te. Si fatto ’na costruzione proprio beglia.»

E dette due, tre bottarelle con il piede sulla riparazione. Io sorridevo ma manco mezzo secondo dopo piagnevo. Prima se sentì come ’no scric scric e poi papetto nun se vide più. Andò giù con ’no tonfo che sembrava scoppiato lo terremoto del secolo.

Subito corsi a ripigliallo e lui s’era proprio inferocito, tutto zozzo de paglia e merda de vacca.

«Ore’ te possino  ammazzatte , te possino! A te e quella tilivisione! Mo te la levo che te rincretinisce quel cervello bacato che te ritrovi!»

«A pa’ e no, la televisione no, me tenghe da vede’ Barbarella mia!»

«Statte zitto e damme ’na mano che c’ho la merda pure dentro l’orecchio!»

E giù a dimme ingiurie mentre piano lo tiravo fori da quel casino.

C’ho ancora tanto da impara’ da Painti iur life. M’è toccato chiede ospitalità a casa de Andreia, l’amichetto mio, per vede’ la trasmissione. Mo aspetto l’occasione bona per riscattamme.

DISAVVENTURE DI UN INTROVERSO, di Davide Predosin

La caffettiera è ancora calda. Anzi, è già calda. Appena vagamente sorpreso sbadigli in modo sguaiato. Non ricordi di esserti svegliato nel cuore della notte per farti un caffè. In ogni caso, comunque, dovrebbe essere fredda, ormai, la caffettiera.

La raffreddi sotto il rubinetto e prepari quello che parrebbe essere il tuo secondo caffè della giornata.

Tutto dovrebbe essere avvenuto non più di dieci minuti fa, pensi distrattamente.

Potresti aver avuto un episodio di sonnambulismo, continui, mentre con l’indice t’ispezioni una narice. Ma dovrebbe esserci almeno una tazzina sporca in giro, obietti, mentre compi tutt’attorno una lenta e svogliata panoramica.

Ti siedi inarcando con voluttà la schiena contro lo schienale della sedia.

Dovresti sentire, se non il gusto del caffè, almeno il gusto del dentifricio, o di qualsiasi altra cosa che possa averti rinfrescato la bocca; che invece è impastata, dal gusto sgradevole, come chiunque la mattina.

Corrughi appena la fronte mentre ammetti che potresti anche prendere in considerazione l’ipotesi che qualcuno sia entrato in casa tua e, non più di dieci minuti fa, si sia fatto un caffè. Anche ammettendo, infatti, che tu l’abbia bevuto in uno stato di sonnambulismo – naturalmente lavando poi la tazzina – non avresti potuto riaddormentarti, sapendo quanto sei sensibile alla caffeina.

Naturalmente potresti anche semplicemente aver fatto il caffè, averlo versato nel lavello, aver risciacquato ed essertene tornato a letto beato.

Non conosci la sintomatologia del sonnambulismo. Non hai mai, fino a oggi, saputo di soffrirne. Ma ti aggrappi con tutte le tue forze a quest’ipotesi fino a quando, improvvisamente, senti starnutire alle tue spalle. Ti si gela il sangue, ma non ti giri. Neanche quando senti un disinvolto ciabattare che sembra provenire dal corridoio che porta alla cucina. Deglutisci, ma non ti giri.

Ti versi un bicchiere d’acqua dal rubinetto e mentre sorseggi, senza muovere la testa di un solo millimetro, con la coda dell’occhio, tenti di cogliere qualche indizio.

Per capire chi mastica in maniera così disgustosa, chi ha ruttato, chi inspira a denti stretti producendo quasi un fischio; come per togliersi un pezzo di cibo incastrato tra i denti.

Non dividi l’appartamento con nessuno.

Nessuno ha le chiavi.

Non hai passato la notte con nessuno. E lo sai, ieri hai bevuto una tisana e sei andato a letto presto.

I rumori continuano. Il caffè è venuto su, spegni il gas e rimani immobile, di spalle. Ma quando una voce roca e baritona con la s pronunciata come con la lingua tra i denti, ti chiede: “Tscutsi potrei averne un’altra tatsina?”, tu non riesci a far altro che assecondare questo desiderio.

Avevi sentito dire che spesso la paura fa comportare le persone in maniera imprevedibile. Un altro, magari, pur anch’egli terrorizzato, si sarebbe girato di scatto con la caffettiera bollente in mano e avrebbe colpito in pieno volto l’intruso con la s sibilata.

Tu, invece, mansueto e obbediente, non alzi nemmeno lo sguardo; tieni gli occhi bassi e aperti, giusto il tempo di centrare la tazzina e scorgere appena la manina cicciottella e pelosa che la regge e trema leggermente. Quindi distogli lo sguardo verso la finestra, e lo tieni fisso sulle serrande ancora abbassate.

Magari hai tutti i capelli bianchi, ma siccome sei un tipo timido e introverso, anche quando ti senti rispondere: “Gratsie tstronzo”, ti tieni tutto dentro, non chiedi spiegazioni e, chiunque sia, speri solo se ne vada presto.

I racconti finalisti del I° Premio Sperduti

Ascanio Celestini a Mal di Libri

Sabato 20 ottobre 2012, Ascanio Celestini ha presentato a Mal di libri, nell’affollatissimo cortile della Biblioteca Goffredo Mameli, il suo nuovo libro, Pro Patria (Einaudi), che racconta l’Italia di oggi attraverso le lettere dei protagonisti della Repubblica Romana rilette e riportate alla vita da un detenuto.

L’evento è stato organizzato in collaborazione con Terranullius Narrazioni.

Intervistato da Rachele Masci, Ascanio ci dice cosa pensa della due giorni romana dedicata ai libri e alla lettura e ci racconta anche come gli è venuto “il mal di libri”.

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ESCLUSIVO! INCREDIBILE! MEMORABILE!

Il Vate Sperduti ha rilasciato una dichiarazione toccante a tutti i partecipanti del premio a Lui dedicato!
Gli indimenticabili consigli che Sperduti ci regala in questo preziosissimo minuto animato avrebbero fatto gola a tutti gli aspiranti umoristi che si sono cimentati nel concorso, ma del resto lo spirito del Vate rifugge briglie e scadenze. L’ispirazione è arrivata ieri sera, e lui ieri sera ci ha regalato queste perle.

Vi ricordiamo che questa sera avverrà la premiazione. I fortunati finalisti potranno conoscere di persona, e forse addirittura bere una birra dalle mani del più grande scrittore sconosciuto vivente.

Vi aspettiamo!

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Aspettando Mal di libri…

In attesa dell’apertura ufficiale di Mal di libri prevista per domani alle ore 12.00, il nostro “inviato speciale”, Luca Celea Gabriele, è andato in giro per la città con la redazione di PUB – Lettori alla spina a caccia di lettori forti e di ossessioni/confessioni letterarie.

QUI tutti i video girati.

Durante il corso della manifestazione,  i ragazzi si aggireranno inoltre tra i locali e il pubblico per raccogliere nuove “matte” testimonianze. L’appuntamento è fissato per domenica alle 20.30 all’Hula Hoop Club per la proiezione di tutto il materiale raccolto. Restate sobri!

Buoni sogni.

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